INTERVISTA

 
Paola Minaccioni  Maurizio Mosetti

A cura di Stefania Luttazi

A che età e in quali circostanze è avvenuto il tuo primo incontro con la poesia di G. G. Belli 

P.M. Nella mia famiglia, romana da almeno quattro generazioni il nome di Belli ovviamente suonava familiare. Ma solo all’età di ventiquattro anni, durante una tournée teatrale del Giardino dei Ciliegi di Cecov, con Gianni Bonagura, ho avuto l’occasione di entrare nel dettaglio. Gianni mi chiese: "Tu sei romana?" e poi mi consigliò di cominciare a studiare un sonetto, quello che in quel momento stava studiando lui, ovvero La Nunziata.

M.M. Durante la mia prima tournée, a Trieste, un pomeriggio fui colto di sorpresa dalla famigerata "bora", che da buon turista avevo sottovalutato. Combattendo a capo chino contro le raffiche, l’unico posto dove rifugiarmi fu una piccola libreria in piazza Cavana; cominciai ad aggirarmi tra gli scaffali, rimpiangendo il clima romano: e forse fu in un impeto di nostalgia per la mia città che comprai Er giorno der giudizzio e altri duecento sonetti, a cura di Giorgio Vigolo. Fu una rivelazione.

Il tuo sonetto preferito
          
P.M. Difficile rispondere! Forse Er caffettiere fisolofo, forse La creazzione der Monno.

M.M. Li sordàti bboni: perché è di un’attualità intramontabile - ahinoi.

Il luogo più strano in cui ti è capitato di leggere Belli

P.M. Al matrimonio di mia sorella!!!

M.M. Davanti allo straordinario e sorprendente pubblico di Santa Maria della Pietà. (ex manicomio romano).

Il sonetto che ti ha dato maggiori difficoltà nelle ultime due letture all’Argentina, e perché

P.M. Senza dubbio il trittico La povera madre. Il tono di tutti i sonetti è lamentoso, drammatico, patetico a tratti. La difficoltà sta nel non renderlo monocorde, avere una adesione emotiva completa alla situazione narrata, la perdita di un figlio, e contemporaneamente non perdere la musicalità del verso che soprattutto nell’ultimo sonetto è scandito in modo quasi matematico dai respiri. Ovviamente questa struttura può portare facilmente a una lettura troppo cadenzata e noiosa se non si cerca la verità della situazione. Quindi del dolore, ma un dolore asciutto e tagliente, romano.

M.M. Le dimanne a ttesta per aria: provate infatti a trovare il tono giusto in cui dire il niente, mettendo in scena la comunicazione che si esaurisce nel puro suono, eppure senza che questo renda "nullo" il senso profondo del sonetto.

Quanto tempo impieghi per "preparare" un sonetto

P.M. Dipende dai sonetti! Dopo una lettura analitica e contestuale (dopo aver letto molto a fondo le note del Prof. Teodonio) dopo uno "scilinguarsi" dei versi, delle doppie e delle "trappole" come la parola "drento", anche una settimana se non di più (avviene di rado di avere tutto questo tempo perché il Prof. Teodonio in genere consegna la lista definitiva solo qualche giorno prima). Come dicevo, anche una settimana, anche se secondo me i sonetti non sono mai "pronti": chi dà un’interpretazione definitiva e precisa dei sonetti non ne fa buon uso.

M.M. Molto, moltissimo, e soprattutto molto più di quel che la straordinaria capacità di Belli di suonare "parlato", "detto di getto" possa far immaginare. Belli è senza dubbio l’autore più falsamente facile che mi sia capitato di interpretare.

Se dovessi dichiararti a una donna, le leggeresti

P.M. La serenata!!!

M.M. La bbellezza; e non solo per fare appello al suo buon cuore, ma perché è un sonetto che tocca uno dei nodi profondi dell’esistenza, l’insondabilità del destino di ognuno di noi, lo sgomento di fronte alla consapevolezza della casualità che governa la nostra vita.

Se dovessi dichiararti a un uomo, gli leggeresti

P.M. Primo, conzijjà li dubbiosi. Ah! Ah! Ah!

M.M. La Verità.

La poesia di G. G. Belli in tre parole

P.M. Vita, morte, miracoli.

M.M. Viscerale, tragicomica, vera.

Ma li hai proprio letti tutti e 2279?

P.M. No!

M.M. No!

E due...
La data di nascita e di morte di Belli senza guardare sull’enciclopedia

P.M. Belli, signora maestra, nacque il 7 Settembre del 1791 e morì nel 1863.

M.M. 7 settembre 1791... Milleottocentosessant... sessant... 1863.

E qui il giorno non lo sapete, pappappero... d’altronde mi sembrerebbe altamente iettatorio organizzare una lettura belliana nell’anniversario della morte solo per memorizzare la data (era il 21 dicembre).

L’esperienza più emozionante come lettore-attore di Giuseppe Gioachino Belli

P.M. Certe volte capita di leggere Belli e di sentirsi proprio di dare voce al Poeta, e contemporaneamente la voce a un personaggio delle strade di Roma. Quelle sono le letture più emozionanti.

M.M. Vivere con Belli dentro per mesi e mesi, durante la preparazione del mio spettacolo La Bbellezza; e poi accorgermi, durante una rappresentazione ad Agrigento, che tra il pubblico correva un mormorio dapprima indistinguibile e poi via via sempre più chiaro: non riuscivo a crederci, sulle prime: ero in Sicilia, e conoscevano Belli a memoria, e dicevano i sonetti a mezza voce.

L’esperienza più emozionante come lettore privato di G.G. Belli

P.M. La prima volta! Quando, su consiglio di Gianni, corsi a comprare una raccolta belliana e mi misi a studiare nella mia camera d’albergo La Nunziata.

M.M. Vorrei piuttosto ricordare una recente esperienza come "spettatore": sentire Gianni Bonagura leggere Le cose der Monno.

Belli è teatro?

P.M. Sì, certo. Ma non credo che per questo si debba tentare di legare un sonetto all’altro. Credo invece che le piéces teatrali di Belli comincino dalla prima quartina e fìniscano con l’ultima terzina. Ogni tentativo in altra direzione sarebbe come se tentassimo di incollare assieme tutti i quadri di Picasso!

M.M. Naturalmente sì. Un teatro particolare, una sorta di Esercizi di stile alla Queneau.

Tre buoni motivi per convincere un gruppo di ventenni a sentire una lettura belliana

P.M. Per imparare a ridere di se stessi, per essere più concreti, per scoprire che, se la si sa cercare, la poesia è in ogni angolo... P.S. Per studiare in modo nuovo la storia?

M.M. Perché se soltanto vincessero la loro diffidenza verso tutto ciò che considerano "cultura", scoprirebbero qualcuno che sa parlare anche a loro; perché si sorprenderebbero a ridere insieme a un "poeta"; perché si sorprenderebbero a dire "gajjardo, però".

P.M. Alla mia confusa generazione di appartenenza che non vuole proprio crescere dico: perché la matematica e l’anima sono tutt’uno, come nella vita. La matematica costruzione di un verso senza anima non ha senso. L’anima senza matematica è infantile. Perché l’anima e la matematica fanno la musica. Belli ne è la prova.

M.M. Perché dovrebbero essere in grado di apprezzarne lo sconvolgente realismo, la straordinaria forza comica, l’attualità. Perché spesso non lo sono. Perché a volte lo sono, inaspettatamente.

Tre buoni motivi per cui alle letture belliane vengono solo gli ultrasettantenni

P.M. Perché hanno tempo! Perché sono più informati. Perché in quella fase della vita è più semplice capire che non solo il "fare" ma anche il "riflettere" riempie l’esistenza.

M.M. Saranno solo ragioni pratiche, come l’orario delle letture, in genere pomeridiane, o la scarsa pubblicità di cui godono iniziative di questo tipo? O non ci sarà qualcosa di più profondo, di più preoccupante, che mi fa guardare con pessimismo e con tristezza al mondo in cui viviamo?

L’incontro più strambo che Belli ti ha procurato

P.M. Un mio compagno di giochi dell’infanzia che non vedevo da 11 anni, incontrato tra le quinte dell’Argentina, fa l’elettricista!

M.M. Gli innumerevoli "belliani di base", da trovarsi ovunque, anche nelle misteriose vie internettistiche: se lo sarebbe aspettato, Belli, di essere, insieme alla Magica Roma, protagonista di un sito intitolato nientedimeno che alle "Brigate G.G.Belli 1791"?

Potrebbe averlo detto Paola Minaccioni

P.M. Campo d’entrata, io? Fo la puttana? » (da La lavannara Zoppicona).

M.M. «‘Na pissciatina, ‘na sarvereggina, / e, in zanta pasce, sce n’annamo a letto » (da La bbona famijja).

Potrebbe averlo detto Maurizio Mosetti

P.M. Non so... non lo conosco molto...

"Dubbiosa ", ancora una volta...

M.M."E cquanno che la notte nun c’ è ssole, / contentamose allora della luna" (da Le cose der Monno).


Intervista tratta da "Il 996"
Rivista del Centro Studi Giuseppe Gioachino Belli
 
anno I, n.1-2, settembre 2003 - Aracne editrice S.r.l.