Sonetto
INTRODUZIONE
Componimento di quattordici
endecasillabi disposti in due quartine e due terzine . Le rime delle
quartine possono essere incrociate (ABBA, ABBA) o alternate (ABAB, ABAB);
quelle delle terzine alternate (CDC, DCD), replicate (CDE, CDE) o
invertite (CDE, EDC). Nella seconda metà del Duecento, con Guittone
d'Arezzo e Dante, comparve il "sonetto rinterzato" (cioè "rafforzato") con
inserzioni di settenari. Nel Trecento nacque il "sonetto caudato", con la
"coda" formata da un settenario in rima con l'ultimo dei quattordici versi
e da un distico di endecasillabi a rima baciata. Questo tipo di sonetto
ebbe fortuna nello stile "comico" da Antonio Pucci (XIV secolo) a
Francesco Berni (XVI secolo) a Giosue Carducci (XIX secolo). Si indica poi
col nome di "corona" una serie di sonetti relativi allo stesso tema, come
ad esempio quelli del Ça ira (1883) di Carducci, ispirati agli
eventi della Rivoluzione francese, o quelli raccolti in
Colloquio
da Giovanni Pascoli.
IL
SONETTO NELLA LIRICA ITALIANA
Il sonetto (dal provenzale
sonet,
"piccola melodia", nel senso di "poesia per musica"), insieme con la
canzone, da cui probabilmente deriva, è una delle più importanti forme
metriche della poesia italiana. Se ne attribuisce l'invenzione a Jacopo da
Lentini, appartenente alla scuola siciliana. Particolarmente usato dagli
stilnovisti e da Dante, raggiunse altissimi livelli espressivi con
Francesco Petrarca, il cui Canzoniere comprende 317 sonetti su 366
componimenti.
In Italia, significativi esempi si
trovano poi, nella seconda metà del XVI secolo, nell'opera di Torquato
Tasso. La fortuna del sonetto proseguì in età barocca e nel Settecento
fino a Ugo Foscolo. Trascurato dai romantici e da Giacomo Leopardi, sta al
centro dell'opera di Giuseppe Gioachino Belli (scrisse ben 2279 sonetti) e
viene poi ripreso da Giovanni Prati, Carducci, D'Annunzio. Nella poesia
del Novecento ha continuato ad avere un'importanza non trascurabile,
nonostante l'ampia diffusione del verso libero. L'hanno praticato Guido Gozzano, Umberto Saba, Giorgio Caproni, Andrea Zanzotto, Edoardo
Sanguineti. Franco Fortini ha proposto forme di sonetto con irregolarità
nelle rime.
LA
FORTUNA DEL SONETTO IN EUROPA
Fin dalla prima metà del Cinquecento,
dall'Italia il sonetto si era diffuso ampiamente nel resto d'Europa. In
Portogallo lo si trova nell'opera di Luís Vaz de Camões. In Inghilterra fu
introdotto dal poeta Thomas Wyatt che, di ritorno da un viaggio in Italia,
lo adattò alla differente struttura linguistica utilizzando lo schema ABAB
CDCD EFEF GG (tre quartine e un distico). Questa forma, adottata da
William Shakespeare e teorizzata da George Gascoigne nel 1547, soppiantò
in Inghilterra la forma italiana. Ma alcuni poeti, tra i quali John
Milton, preferirono quella italiana e altri, ad esempio John Donne,
usarono la forma ibrida ABBA ABBA CDCD EE. Dopo Milton la fortuna del
sonetto nella poesia inglese declinò fino all'età romantica, quando venne
rivalutato da poeti quali Wordsworth, Coleridge, Shelley, Keats e altri
ancora. In Francia il sonetto giunse nella forma inglese, applicata da
Clément Marot; ma poi prevalse quella italiana con Pierre de Ronsard,
Joachim du Bellay e altri esponenti della Pléiade. Nel Novecento scrissero
sonetti anche il tedesco Rainer Maria Rilke (Sonetti a Orfeo, 1923)
e l’inglese Wystan Hugh Auden, Sonnets from China (1936-1938).
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