I SONETTI DI GIUSEPPE GIOACHINO BELLI

1060 (1060). L'ARBERONE

Immezzo all'orto mio sc'è un arberone,
Solo ar monno, e oramai tutto tarlato:
Eppuro fa er zu' frutto oggni staggione
Bbello a vvede, ma ascerbo e avvelenato.

Ricconta un libbro che da quanno è nnato
È vvienuta a ppotallo oggni nazzione;
Ma er frutto c'arifà ddoppo potato
Pizzica che nemmanco un peperone.

Quarchiduno me disce d'inzitallo,
Perché accusì er zu' frutto a ppoc'a ppoco
Diventerebbe bbono da maggnallo.

Ma un Carbonaro amico mio me disce
Che nnun c'è antro che ll'accetta e 'r foco,
Perché er canchero sta in ne la radisce.

15 gennaio 1834

Testo ipertestualizzato completo di liste e concordanze delle parole

La numerazione dei sonetti è quella seguita da Roberto Vighi
(Giuseppe Gioachino Belli Poesie Romanesche - Libreria dello Stato 1988-1993).
La numerazione tra parentesi fa riferimento all'edizione Vigolo

Ascolta il sonetto interpretato da Maurizio Mosetti